Möbius 2023

“Cancellare tutto!” Dal politically correct alla cancel culture, tra Stati Uniti ed Europa

Costanza Rizzacasa d’Orsogna ci racconta i retroscena dell’era della rabbia e dell’intolleranza

Quando l’espressione “cancel culture” ha raggiunto la prima volta l’Europa poteva sembrare un’idea distante, se non addirittura nebulosa, una peculiarità del discorso pubblico statunitense destinata a passare senza lasciare traccia. Non è stato così. L’espressione è rimasta e, con essa, la confusione attorno al suo significato, da cui deriva un utilizzo troppo spesso a sproposito.

 

Sul significato di cancel culture si è interrogato nel 2021 il Pew Research Center (uno dei principali centri studi americani di scienze sociali), con un sondaggio che mette chiaramente in luce le origini di questa confusione: la definizione cambia spesso e radicalmente a seconda dell’orientamento politico. Da sinistra viene vista come un richiamo alla responsabilità delle proprie azioni e dichiarazioni. Da destra è considerata come una forma spietata di censura. Non sembra peraltro possibile separare il tema dall’orientamento politico. A complicare ulteriormente la situazione, c’è poi il fatto che la destra mostra ben pochi scrupoli a invocare lo spauracchio e allo stesso tempo a fare ricorso alla censura, come nei casi della di libri rimozione da biblioteche e programmi scolastici. Ma si vedano anche le leggi che in certi Stati repubblicani invitano moderni delatori a denunciare alle autorità una varietà di atteggiamenti sgraditi, da un sospetto di aborto a prove di elezioni truccate, alla parola “sbagliata” di un insegnante. O il fatto che a sinistra non sono in pochi a sostenere che la cancel culture non esista proprio.

 

L’assenza di una definizione univoca è una conseguenza inevitabile delle radici di questo fenomeno, che sono tutt’altro che recenti, ma affondano piuttosto in trasformazioni della società statunitense in corso da decenni.

 

Politicizzazione sempre più agguerrita, disuguaglianze in crescita, la mai risolta questione razziale, puritanesimo e politicamente corretto, l’avvento di Internet e dei social media, e il fenomeno che gli studiosi Greg Lukianoff e Jonathan Haidt hanno battezzato “safetyism”, evoluzione della cultura dei “genitori elicottero” degli anni Novanta per cui la sicurezza emotiva diventa un valore centrale e non negoziabile. L’incapacità di trovare compromessi, con atteggiamenti che sembrano rifarsi più al tifo calcistico che al dibattito, potrebbe avere superato il punto di non ritorno, con il rischio, secondo taluni, che la guerra culturale si trasformi in guerra civile.

 

In tutto questo, l’Europa che cosa può fare? Prima di tutto, comprendere, osservare cause e forme di un fenomeno che potrebbe riproporsi anche da questo lato dell’Oceano, alimentato dai venti della rete, nuovo ma portante in sé gli echi dell’ostrakon ateniese e dell’Index librorum prohibitorum di Paolo IV. Fare chiarezza, perché come spiega nel suo ultimo libro “Scorrettissimi” (Roma-Bari, Laterza 2022) Costanza Rizzacasa d’Orsogna, giornalista del Corriere della Sera, per il quale si occupa di cultura e letteratura americane, saggista e scrittrice, “oggi, unita anche a movimenti di giustizia sociale come #MeToo e Black Lives Matter, a rigurgiti razzisti e antisemiti, la cancel culture, la censura, è ovunque, dalle biblioteche scolastiche alle serie tv, dalla politica alle imprese.”

 

In sintesi si tratta di un fenomeno che, seppur forse in forma meno violenta di quella statunitense, sta arrivando anche in Europa. Di che cosa si tratta? Come funziona? Chi lo anima e perché? Per cercare di dare una risposta a queste e ad altre domande Costanza Rizzacasa d’Orsogna ha dialogato con Alessio Petralli, direttore della Fondazione Möbius, e Stefano Vassere, direttore delle Biblioteche cantonali ticinesi.

 

Giovedì 12 ottobre 2023, ore 18.00-19.30

Biblioteca cantonale di Lugano (BCLU), Sala Tami

 

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Costanza Rizzacasa D’Orsogna
Costanza Rizzacasa d’OrsognaGiornalista e scrittrice

Costanza Rizzacasa d’Orsogna, scrittrice, giornalista e saggista, è laureata in scrittura alla Columbia University di New York, e ha vissuto per oltre dodici anni negli Stati Uniti, dove ha lavorato come giornalista per varie testate. Dal 2011 si occupa di cultura e letteratura americane per il Corriere della Sera, primo quotidiano italiano per diffusione, e il suo supplemento culturale “la Lettura”.

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