La digitalizzazione dell’informazione è avvenuta. C’è chi l’ha cavalcata, come le piattaforme che organizzano la conoscenza, aiutando gli utenti a trovarla o a scambiarsela. E c’è chi l’ha subita per mancanza di lungimiranza, come molti editori di giornali. Una crisi senza precedenti è stata generata dalla fine della pubblicità sui giornali. Ma il fatturato dovuto a vendite e abbonamenti non è diminuito dal 2010. Ora si può guardare oltre: Politico è diventato il caso più importante di una nuova iniziativa di successo e alcuni giornali globali, come New York Times, Economist, Financial Times, hanno dimostrato di essere in grado di ridefinire il loro futuro. L’opportunità è evidente. È quella di fare informazione fatta bene. Dal 2016 lamentiamo l’inquinamento dei social media con fake news e hate speech. Ormai sappiamo che il giornale non è la sua carta. E che il giornalismo è il suo metodo. Ma che cos’è il giornale? È un insieme di strumenti che messi al servizio di una comunità possono facilitarne l’adattamento al cambiamento, consentirne l’evoluzione e aumentarne l’impatto. La sua testata è una promessa di servizio alla comunità. Il suo valore è la sua comunità.