Gino Roncaglia, professore di editoria digitale e di filosofia dell’informazione all’Università di Roma 3, ha animato l’incontro dedicato al tema delle fake news, problema annoso e di difficile soluzione perché, non bisogna dimenticare, che è infinitamente più semplice creare che smentire le falsità.
Annamaria Testa ha ricordato che la disinformazione non è una novità, ma la Rete ha creato un cambiamento di portata tale da diventare da quantitativo a qualitativo. Abbiamo sempre meno tempo a disposizione e quindi la competizione per la nostra attenzione diventa spietata: nell’eccesso di notizie, quelle che più facilmente ci catturano solo le più nuove o le più sorprendenti. Il modo migliore per restare sulla cresta dell’onda è mentire, spesso la soluzione più efficace perché non richiede investimenti, tempo o personale.
Ha approfondito lo spunto Gilles Marchand, direttore generale della SSR, che ha sottolineato la complessità del lavoro necessario a costruire, in uno spazio così frammentato, contronarrazioni. La frammentazione digitale pone un problema assolutamente importante nel processo di apprendimento, che è in linea di principio lineare. Occorre considerare il triangolo formazione-professionalità-regolamentazione, mettendo un accento assoluto sulla formazione, altrimenti si formerà una generazione di decerebrati, incapaci di comprendere ciò che digeriscono.
Nicla Borioli, professoressa in comunicazione e linguaggi visivi alla SUPSI, ha sottolineato la necessità di una prospettiva etica che animi i rapporti in rete e gli strumenti con cui vengono costruiti. Umiltà nel comunicare, disponibilità all’ascolto, consapevolezza che la verità è in continuo mutamento e non possiamo essere certi di conoscerla nella sua interezza, questi devono essere i fondamenti della lotta alla disinformazione.
Una lotta, si è concordato, in cui l’arma principale è una formazione attenta e specifica a riconoscere i tentativi di manipolazione, che inizi il prima possibile, perché il semplice senso critico non è più sufficiente da solo a guidarci.
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Nel 314 l’imperatore Costantino firma un documento in cui offre in dono al papa Silvestro I (e ai suoi successori) una serie di privilegi, tra cui la sovranità su tutte le chiese del mondo e la superiorità del potere papale su quello imperiale. La Donazione di Costantino è stata per secoli utilizzata dalla Chiesa come giustificazione giuridica in diverse battaglie, dal mantenimento di possedimenti temporali alla lotta per le investiture. Peccato, come sappiamo, che fosse un evidente falso, scritto a cavallo tra i secoli VIII e IX, ma difeso con così tanta forza da far dimenticare le origini del documento, tanto che bisogna aspettare il XVI secolo prima che la veridicità dei documenti venisse smentita, dagli studi del filologo romano Lorenzo Valla prima e del cardinale Niccolò Cusano poi.
Quello delle fake news non è un fenomeno moderno, evidentemente. Ma, se l’umanità ha sempre fatto ricorso a menzogne per il proprio tornaconto, le condizioni specifiche in cui ci troviamo a vivere da un lato ci espongono come non mai al rischio di essere manipolati e dall’altro ci danno una responsabilità mai vista prima nel proteggerci dalla disinformazione. Gli strumenti che ci permettono di scoprire la verità sono gli stessi con cui questa verità può essere offuscata – e per questo è fondamentale padroneggiarli.
Una notizia falsa ha il 70% in più di probabilità di essere ritwittata di una vera. Una notizia vera impiega sei volte il tempo necessario a una falsa per raggiungere 1500 persone. Un rapporto di NewsGuard, organizzazione che monitora la diffusione della disinformazione in rete, ha stimato un ricavo di 2,6 miliardi di dollari all’anno grazie alle pubblicità che appaiono sui siti dedicati alla diffusione di fake news. Un business che grazie al digitale trascende quanto visto nella storia dell’umanità e in cui si intrecciano quasi senza soluzione di continuità interessi economici e geopolitica, in un puzzle che spazia dalla Silicon Valley ai palazzi della politica.
Dall’altro lato della “barricata”, il giornalismo è in evoluzione, se non in crisi aperta. Cambiano i metodi di fruizione, si riducono i margini di guadagno e continua la corsa per chi riesce a pubblicare il prima possibile. Una stampa che lotta per mantenere uno spazio per l’approfondimento, nel tentativo di costruire piattaforme sostenibili in grado di fare fronte alle narrative della disinformazione, così oltraggiose e affascinanti da risultare, sembrerebbe, preferibili alla realtà.
Quali sono le dinamiche della disinformazione? Chi ci guadagna? Ma, soprattutto, cosa possiamo e dobbiamo fare come individui e società per rispondere a una sfida che ha radici antichissime ma è mai come oggi così attuale e in grado di mettere in discussione il concetto stesso di verità?
Venerdì 14 ottobre 2022, ore 14.00
Auditorium USI, Lugano